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Gli otto rami dello Yoga


Quando si parla di yoga, uno dei primi nomi che viene alla mente è Patanjali. La sua storia è avvolta nel mito e nella leggenda, nessuno sa se sia mai esistito realmente o meno, ma è a lui che viene attribuita la stesura degli Yoga Sutra attorno al II secolo a.C. In questo scritto Patanjali ci descrive il percorso per raggiungere l’illuminazione: ashtanga yoga o otto rami dello yoga. Prova ad immaginare un albero: le radici sono gli yamas (restrizioni) gli anelli del tronco sono niyamas (discipline), i rami gli asana (posture), le foglie pranayama (controllo del respiro), la corteccia pratyahara (ritiro dei sensi), la linfa dharana (concentrazione), i fiori dhyana (meditazione) e i frutti samadhi (liberazione).

YAMAS Le restrizioni, le cose ‘da non fare’ per essere un buon essere umano, una sorta di Dieci Comandamenti. AHIMSA - Non violenza Non significa solo non uccidere, che sia il capo, la suocera o le zanzare, ma ci invita ad essere più compassionevoli in senso lato, anche verso noi stessi; che sia sul tappetino durante un asana per non farti male, o nella vita di tutti i giorni, ascolta il tuo corpo e trattalo come il tempio che è. SATYA – La verità Non dire falsa testimonianza, anche qui non si intende solo non raccontare le bugie agli altri, ma è un invito ad essere trasparenti anche con noi stessi e riscoprire la nostra vera natura. ASTEYA – Non rubare Non appropriarsi di ciò che è degli altri, che siano oggetti o idee, ma il significato più profondo è il non attaccamento, asteya ci spinge a vivere la vita con equanimità e sano distacco. BRAHMACHARYA – Astinenza Questo yama viene comunemente spiegato come ‘castità’, astinenza, o al giorno d’oggi... quantomeno moderazione! Ma io trovo bellissima l’analisi delle parole: Brahma= Dio Charya = andare incontro Andare incontro a Brahman, a Dio: un pensiero e quindi un sentire ed un agire puri come quello divino. Brahmacharya è agire con la consapevolezza che la Divinità è ovunque. APARIGRAHA – Non possesso Ridurre ciò che si possiede allo strettamente necessario, lasciare andare ciò che non serve, che sia un nuovo paio di scarpe o telefono, o pensieri distruttivi, tensioni, attaccamenti.


NYAMAS Se fino ad ora abbiamo parlato di quello ‘da non fare’, ora vediamo cosa fare, alla disciplina. SAUCHA – Purezza Ricorda che il corpo è il tuo tempio e pertanto va tenuto pulito, il che non si traduce soltanto con il ricordarsi di farsi una doccia, ma anche purificarlo da tossine, bere acqua e mangiare sano. In un corpo purificato il prana (energia vitale) scorre più facilmente ed è più vitale. SAMTOSHA – Appagamento Essere felici e accontentarci di ciò che abbiamo in questo momento. TAPAS – La determinazione Dal sanscrito ‘tap’ bruciare. L’ardore, la determinazione che brucia le impurità fisiche, mentali, emozionali. Tapas è un fuoco ardente che crea austerità, l’atto di forgiare il carattere che ci fa aprire sempre di più alla nostra vera natura. SVADHYAYA– Lo studio di sé ‘Conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei’ La conoscenza di sé attraverso l’auto osservazione e lo studio dei testi. ISVARA PRANIDHANA – Devozione Ishvara è un termine sanscrito che significa supremo o Dio. Pranidhana significa dedicare, essere devoti o arrendersi. ‘Sia fatta la Tua volontà’ è la vera preghiera.

ASANAS – le posture Siamo arrivati agli asana, le posture, la parte più conosciuta dello yoga, che sono però solo uno degli otto rami nel percorso di Patanjali; questi sono esercizi fisici che hanno lo scopo di preparare il corpo e la mente per le tappe successive dello yoga, cioè pranayama, pratyahara e dharana. Patanjali, inoltre, ci dice molto poco sugli asana, se non ‘Sthira sukham asanam’, e cioè che la postura deve essere stabile e comoda; sarà poi Swami Svatmarama a scriverel'Hatha Yoga Pradipika, il primo testo dove vengono descritte gli asana in ogni dettaglio specifico nel 14° secolo, dove vengono descritte 16 posizioni che affrontano la purificazione digestiva, la meditazione seduta e l'eccitazione energetica. Solo alla fine del 1800, quelle 16 pose si sono evolute in 122, come indicato nel primo libro dedicato agli asana, lo Sritattvanidhi.

PRANAYAMA - Controllo dell’energia vitale Se con gli asana impariamo il controllo del corpo fisico, il pranayama ci insegna il controllo del corpo sottile, e a disciplinare la mente attraverso la respirazione. Cos’è il prana? Il prana è l’energia vitale, è il soffio di Dio, come ci racconta la Genesi: ‘Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente’ ..e ancora Matteo “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. In questo caso la ‘parola’ che esce dalla bocca di Dio non è altro che il soffio vitale,

l’energia sottile che ci circonda in qualsiasi momento, che ci tiene in vita. Nel momento in cui il prana smette di scorrere allora abbandoniamo il corpo. Il respiro è il ponte, l’interfaccia tra noi e ciò che ci origina, lo Spirito, e tra noi e l’esterno. Con specifiche tecniche di controllo del respiro, impariamo ad assimilare e controllare il flusso di prana che viene dall’esterno, all’interno del nostro corpo.

PRATYAHARA – Il ritiro dei sensi Qui ci troviamo su un ponte tra lo yoga ‘fisico’ del fare, che può essere insegnato e una dimensione più sottile. Quando Gesù diceva ‘chiudi le porte della tua camera’ non intendeva altro che chiudere le porte esteriori, i sensi, per capire cosa è veramente importante. Pratyahara significa distogliere l’attenzione dalle continue distrazioni che ci bombardano che provengono dall’esterno e ridirigere quell’attenzione verso l’interno, per sintonizzarci e risvegliare i sensi interni.

DHARANA – concentrazione Concentrazione inamovibile della mente. Patanjali negli Yoga Sutra dice: ‘’desa bandhas cittasya dharana” “La concentrazione è il fissarsi della mente in un luogo”

DHYANA – Contemplazione La naturale evoluzione della concentrazione è la meditazione. Per usare le parole di Patanjali: “il flusso ininterrotto o la continua attenzione in un punto è chiamata assorbimento in meditazione” La meditazione non è una cosa che si fa, ma è qualcosa che succede a seguito di esercizi di concentrazione, Dharana.

SAMADHI – L’illuminazione La realizzazione del Sé, Nirvana, Moksha. Siamo all’ottavo punto. 8 il numero dell’infinito. Samadhi significa letteralmente ‘unire con’, è uno stato di coscienza supremo, di unione dell’Anima individuale con l’Anima universale, è un ‘ritorno a casa’, è la consapevolezza dell’onda che capisce di essere oceano e non separata da esso.


Yoga citta vritti nirodha. Lo yoga calma le fluttuazioni mentali, rende stabile la mente. Lo yoga è un vero e proprio cammino di ricerca, è un viaggio del sé, attraverso il sé per tornare al sé, a casa.


Hari Om Tat Sat.

c.

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